Stabilizzazione lombari TLIF

Stabilizzazione lombari monolaterali con metodica fusione intersomatica transforaminale lombare (TLIF)

UnilateralLumbar spine stabilization by Transforaminal Lumbar Interbody Fusion (TLIF)

1A. Pisani, 1G. Cacciola, 1L. Soliera, 2A. Barbanera

1 Istituto Ortopedico del mezzogiorno d’Italia “Franco Scalabrino”- Messina

2 A.O.N. SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo – Alessandria

Indirizzo mail alexpisani3000@gmail.com

Riassunto

Negli ultimi anni il trattamento della patologia degenerativa lombare è stato oggetto di un imponente avanzamento sia delle tecniche chirurgiche che dei materiali impiantabili. Tra le numerose tecniche validate, la metodica TransforaminalLumbarIntebody Fusion (TLIF), è stata ampiamente applicata e studiata. L’obiettivo di questo studio è quello di documentare l’outcome dei pazienti, affetti da ernia foraminale ed extra-foraminale, trattati con metodica TLIF e stabilizzazione emilaterale. In totale sono stati inclusi nello studio 27 pazienti con un follow-up medio di 18 mesi. L’outcome clinico è stato valutato mediante gli score ODI e VAS, mentre il grado di fusione è stato valutato secondo la scala di Bridwell. Si è osservato un miglioramento significativo tra gli score pre e post-operatori. In un solo caso è stato necessario re-intervenire a seguito di una migrazione anteriore della cage con irritazione della radice nervosa.Nel complesso la tecnica ci sembra vantaggiosa, sia per la più agevole esposizione del campo operatorio indispensabile per il trattamento dello spazio intersomatico (disco intervertebrale); sia per la riduzione del tempo operatorio complessivo, relativo ad un nterveto ancor oggi lungo e complesso. Fatte salve le indicazioni per ogni singolo caso, a nostro avviso la tecnica va convalidata da un maggiore follow-up, prolungato ad una distanza di almeno 36 dall’intervento.

Abstract

 In the last decades the treatment of lumbar spine degenerative disease have undergone a series of development either in surgical techniques and in implantable materials. TLIF, thanks to the it’s safe approach, allow to avoid damage at the nervous structures. The aim of this study is to evaluate the outcome of patients that underwent unilateral stabilization by TLIF approach. A total of 27 patients were included in the study (mean follow-up 18 months). The clinical outcome was validated according to ODI and VAS scores, while the degree of interbody fusion was evaluated based on Bridwell classification. A significant improvement in both the scores was observed post-operatively. A re-operation was necessary in one case, due to anterior migration of the interbody cage.

Introduzione

Il trattamento delle patologie meccaniche e degenerative del tratto lombo-sacrale (discopatie, instabilità, stenosi canalari e foraminali) ha visto, negli ultimi anni, il diffondersi dello sviluppo di molteplici tecniche chirurgiche, spesso con l’impianto di innovativi materiali bio-comparabili, al fine di ottenere il ripristino di una funzionalità quanto più ottimale, comunque accettabile, del segmento interessato dalla patologia, e spesso con l’associazione di procedure decompressive per la liberazione delle strutture nervose compromesse in varia misura, al fine di ottenere la abolizione, o quanto meno la riduzione del deficit clinico.

A seconda dei vati tipi di intervento, non è stata sino ad oggi dimostrata superiorità di una o l’altra delle varie vie di accesso chirurgico al rachide lombo-sacrale in termini di outcome e di complicanze post-operatorie: PLIF (posteriorlumbarinterbodies fusion) o TLIF (transforaminallumbarinterbodies fusion), o di strumentazione laterale pura XLIF (extremelateralinterbodies fusion), od anteriore pura ALIF (anteriorlumbarinterbodies fusion). In  ogni caso, la immobilizzazione pura intersomatica (artrodesi) o parziale (nel senso di riduzione della motilità fisiologica) è comunque una comune procedura alla quale oggi si fa ricorso nel trattamento delle patologie spinali sintomatiche quali le malattie degenerative della colonna, la spondilolistesi, i traumi e le deformità.

Fra le varie tecniche di fusione spinale proposte, la procedura TLIF è divenuta assai popolare e ben codificata, sin dalla sua descrizione ad opera di Harms e coll. [1].Uno dei punti di forza di questa via di accesso, è quella di evitare delle lesioni sulle strutture addominali anteriori al rachide quali i vasi, le strutture nervose del plesso simpatico, gli organi retro peritoneali e peritoneali. Inoltre, la tecnica TLIF, non richiede manovre di retrazione sulla dura madre e sulle radici spinali, riducendo sensibilmente il rischio di danneggiamento delle strutture nervoseLa tecnica TLIF prevedeperò l’esecuzione di una artrectomia parziale delle apofisi articolari, venendosi così a determinare un’instabilità vertebrale iatrogena che richiederà un tempo posteriore di strumentazione con viti peduncolari e barre.Generalmente, in tali situazioni, una fissazione bilaterale con viti peduncolari è considerata come procedura standard garantendo una fissazione rigida con indubbi vantaggi  sotto il profilo sia clinico che biomeccanico [2].

Alcuni Autori hanno tuttavia di recente dimostrato come una stabilizzazione trans-peduncolare emilaterale costituisca una interessante alternativa chirurgica, con risultati, sotto il profilo della stabilizzazione e della fusione, del tutto sovrapponibili alla tecnica bilaterale, con il vantaggio di una sensibile riduzione dei tempi operatori, della cruenza dell’atto chirurgico, del sanguinamento, della degenza e delle complicazioni in genere peri e post-operatorie [3].

L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di valutare i risultati con metodica di stabilizzazione posteriore trans-peduncolare mono-laterale, associata a TLIF, nel trattamento di ernie discali intra ed extra-foraminale, e di stenosi foraminali, con un follow-up minimo di due anni.

Materiali e Metodi

Sono stati reclutati nello studio in oggetto, 27 Pazienti sottopostinel periodo tra Gennaio 2014 e Dicembre 2016)a stabilizzazione peduncolare mono-laterale, con fusione intersomatica con cage in Peek (in 21 dei 27 casi), utilizzando i modelli Crescente Capstone prodotte da Medtronic),. Le indicazioni operatorie sono state:  ernia discale Intra od extraforaminale (far-lateral); ernia discale postero laterale recidivata; stenosi del recesso spinale o del forame di coniugazione. Le diagnosi preoperatorie erano state confermate da indagini di diagnostica per immagini, TC o RMN.La procedura chirurgica è stata condotta sul lato maggiormente sintomatico ed effettuata sotto anestesia generale, con l’ausilio di scopia intra-operatoria per l’identificazione del livello, e dei punti di ingresso.

Dopo l’incisione cutanea longitudinale mediana paraspinosa della lunghezza media di circa 6 cm, si è proceduto alla scheletrizzazione dei muscoli paravertebrali dal massiccio delle spinose corrispondenti, sino alla identificazione delle apofisi articolari e dei rispettivi processi trasversi. Sono state introdotte secondo la usuale tecnica , sotto controllo scopico,le due viti peduncolari ipsilaterali, craniale e caudale rispetto allo spazio intervertebrale sede della patologia. Si è proceduto quindi alla apertura del forame di coniugazione corrispondente e del recesso, attraverso unaemilaminectomia, emiartrectomia ed osteotomia della pars inter articularis (strutture queste appartenenti alla vertebra craniale). Ottenuta una sufficiente esposizione del disco intervertebrale nella sua sede “far-lateral” si è proceduto a cauterizzare con elettrobisturi bipolare il plesso venoso peri discale, costantemente presente in tale sede e spesso fonte di copioso sanguinamento.Il legamento giallo, visibile nel campo operatorio più mediale  è stato asportato nei casi di una sua ipertrofia, per decomprimere la radice nervosa in attraversamento.Applicato quindi il sistema di distrazione dello spazio discale (TLIF distractor) si è proceduto ad eseguire la erniectomia con discectomia, allo scopo di creare sufficiente spazio alla introduzione della cageintersomatica.Particolare attenzione in queste fasi è stata posta alla salvaguardia della radice nervosa in uscita dal forame di coniugazione (radice emergente), che si trova nel settore craniale del campo operatorio in prossimità del peduncolo e della vite prossimale (Immagine 1).

Immagine1: Safe zone nella quale è possibile andare a impiantare la cageintersomatica senza andare ad intaccare strutture nervose.

Previa opportuna preparazione dello spazio discale e cruentazione dei piatti somatici si è proceduto alla infissione, sotto attento controllo scopico, della cage stipata di osso autologo.Importante in questa fase dell’intervento sono il corretto posizionamento del device che essere introdotto in sede mediana (con posizionamento in posizione obliqua per laCapstoneed in posizione trasversa per la Crescent),la giusta scelta della taglia, pena il rischio di una cuneizzazione dello spazio discale, o di una mobilizzazione od ancora di una subsidenza della cage e, soprattutto, una corretta gestione della forza di compressione esercitata durante il serraggio della barra. La breccia discale è stata ricoperta da spugna emostatica; è stato utilizzato in tutti i Pazienti un drenaggio  per caduta ed applicato protocollo farmacologico antiemorragico con acido tranexamico.

Su tutti i pazienti trattati è stata effettuata una valutazione peri operatoria riguardante la durata dell’intervento e perdita ematica intraoperatoria. I risultati clinici sono stati acquisiti mediante l’utilizzo delle schede VAS e dell’OswertryDisability Index (ODI), i risultati radiologici invece con uno studio standard, dinamico e TC; le valutazioni sono state effettuate nel preoperatorio, ad un mese, sei mesi, un anno e due anni dall’atto operatorio.

Risultati

Sono stati inclusi nello studio 27 Pazienti, operati dal 2014 al 2016 (Tabella 1),di stabilizzazione  peduncolare emilaterale, in 21 casi associata a posizionamento di cageintersomatica. Il sesso predominante è stato il maschile (19 maschi,8 femmine) con una età media di 54 anni (Min.36anni, Max. 71 anni).La totalità dei pazienti svolgeva una vita attiva sotto il profilo sia lavorativo che sociale.La valutazione dei risultati ottenuti ha avuto un follow-up medio di 18 mesi, con un minimo di 13 ed un massimo di 24 mesi.In 21 casi si è proceduto ad intervento di stabilizzazione peduncolare emilaterale associata a fusione intersomatica con tecnica TLIF; in 6 Pazienti non è stato possibile effettuare il tempo anteriore a causa di difficoltà operative correlate ad un disco “basso” (Tabella 1).

Variabile Valore
n° pazienti 27
età media (anni) 54 (min. 36, max.71)
donne 8 (29.7%)
follow-up medio (mesi) 18 (min. 13, max. 24)
Cage utilizzata 21 (77.8%)

Tabella 1: informazioni demografiche sul campione di pazienti presi in esame.

Immagine 2: 72 a.a., donna, controllo post-operatorio a 3 anni. Buon posizionamento delle viti peduncolari e della cageintersomatica.


Immagine 3: M.E. Uomo, 73 anni, controllo post-operatorio ad 1 anno. Buon posizionamento di barra, viti e cageintersomatica
Immagine 4: S.C. Donna, 67 anni, controllo post-operatorio a 2annio. Buon posizionamento di barra, viti e cageintersomatica.
Immagine 5: G.L. Uomo, 62 anni, controllo post-operatorio a 18 mesi. Buon posizionamento di barra, viti e cageintersomatica a livello di L5-S1

La durata dell’atto operatorio è stata significativamente inferiore, in media del 40%, rispetto alle procedure che prevedevano una strumentazione con viti peduncolari bilaterali, così come anche la perdita ematica intraoperatoria si è mantenuta nettamente al di sotto dei valori registrati con tecnica bilaterale.Per quanto concerne gli outcome clinici, l’ODI score ha mostrato un significativo miglioramento del punteggio nell’arco temporale compreso fra un mese e sei mesi post-operatori, con un netto picco di discesa, a dimostrazione del fatto che tale procedura chirurgica garantisce un eccellente risultato sotto il profilo algico- funzionale in tempi relativamente rapidi.Nei controlli successivi sino ai due anni, lo score ha continuato a migliorare, consolidandosi progressivamente, con una discesa più graduale.Per quanto concerne il VAS score, abbiamo valutato sia il dolore lombalgico che quello irradiato  (sciatalgico o cruralgico). Il valore medio dell’ODI score pre-operatorio era di 61.2, mentre quello post-operatorio è stato di 19.4 (p < 0.05).

Sono state registrate significative differenze nella dinamica della regressione del dolore  localizzato od irradiato: la lombalgia/sacralgia è regredita più lentamente, con una discreta persistenza di dolore, riferito come “disconfort”,  sino al controllo dei sei mesi, per poi sparire del tutto nelle valutazioni successive; lasciatalgia/cruralgia, nella quasi totalità dei Pazienti, si è nettamente attenuata già al controllo postoperatorio ad un mese, per poi regredire del tutto nelle valutazioni successive; gli outcomes radiologici sono stati valutati nei controlli postoperatori ad uno e  due anni, mediante controllo TC.

Il grado di fusione intersomatica è stato interpretato attraverso il sistema in gradi di Bridwell[3] (Grado1: avvenuta fusione intersomatica con rimodellamento delle trabecole ossee dell’innesto e dei corpi vertebrali; Grado 2: innesto integro, non totalmente integrato in assenza di alone di radiolucenza; Grado 3: presenza di alone di radiolucenza in sede craniale e caudale sull’innesto; Grado 4: fusione assente con collasso e subsidenza dell’innesto; i risultati sono riassunti in tabella 3) (Tabella 2).Allo scopo di valutare la insorgenza di una scoliosi postchirurgica, possibile a seguito della strumentazione monolaterale, si è misurato l’angolo di Cobb compreso fra la limitante somatica superiore di L1 ed inferiore di L5.In nessuno dei Pazienti trattati si è registrata una variazione superiore a 5 gradi rispetto al controllo preoperatorio.

Grado di Fusione Secondo Bridwell [3] n° di pazienti (%)
Primo 16 (76.1%)
Secondo 3 (14.3%)
Terzo 1 (3.7%)
Quarto 1 (3.7%)

Tabella 2: grado di fusione spinale secondo Bridwell

Le complicazioni riportate con tale procedura sono state: una migrazione  intra canalare della cage a tre mesi dall’intervento, con irritazione radicolare, che ha comportato una revisione dell’impianto con rimozione della cage e stabilizzazione contro laterale; due casi di radicolite in assenza di deficit neurologico sensitivo/motorio, causate verosimilmente da ematoma e regredite dopo quattro settimane di terapia cortisonica.Non abbiamo registrato alcun difetto neurologico né alcuna lesione durale con perdita liquorale, a riprova  della sicurezza dell’approccio TLIF, nel rispetto della integrità delle strutture sacco-radicolari.

Discussione e conclusioni

Considerando le differenze anatomiche presenti nella normale popolazione [4,5],la scelta fra una tecnica di strumentazione peduncolare emilaterale e bilaterale, in interventi di artrodesi lombare, rimane controversa [6]. Goel et al. [7], per primi hanno riportato, nel 1991, i benefici di una fissazione con viti peduncolari emilaterali. Più recentemente dati di letteratura hanno  riportato i benefici di una tale metodica monolaterale, che sono cosi riassumibili:riduzione della rigidità del segmento lombare strumentato; riduzione del rischio di insorgenza di patologie giunzionali; risultati funzionali e grado di fusione intersomatico sovrapponibili alla tecnica bilaterale; riduzione significativa del tempo operatorio (- 30 % circa) e del sanguinamento (-40%circa); riduzione della incidenza di complicazioni infettive e di lesioni nervose e durali; riduzione dei tempi di ospedalizzazione e migliore compliance del paziente [8]

Un aspetto critico dell’intervento emilaterale è rappresentato dal rischio di una modificazione della geometria della colonna che può condurre ad una scoliosi postoperatoria [9]. Tale effetto può essere prodotto da un errato posizionamento eccentrico della cageintersomatica, associato ad una non corretta gestione delle forze di compressione  esercitate sulle viti peduncolari allo scopo di prevenire il rischio di migrazione del device. In tali condizioni è possibile che si imprima alla colonna una sollecitazione scoliotizzante con un angolo di Cobb che può superare i 10 gradi. In ogni caso per una valutazione più affidabile della validità della tecnica chirurgica, verranno eseguiti nuovi studi supportati da una casistica più cospicua e con follow-up maggiore.

Bibliografia

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Articolo a cura del dott. Alessandro Pisani

Il dott. Alessandro Pisani è uno Specialista in Ortopedia e chirurgia vertebrale esperto nel trattamento delle patologie della colonna vertebrale. Co-fondatore dello Studio Vertebral. Dal 1998 primario responsabile di Ortopedia presso l’Istituto Ortopedico del Mezzogiorno di Italia di Messina. Dal 2014 responsabile di Chirurgia Vertebrale Maggiore presso gli istituti del Mezzogiorno d’Italia di Messina e Reggio Calabria. E’ possibile prenotare una visita con il dott. Pisani presso diverse cliniche e studi medici in Sicilia e nel resto d’Italia

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