Ernia del disco lombare
La malattia da ernia discale è estremamente frequente in tutti i paesi del mondo, specie in quelli industrializzati. E’ una patologia dolorosa ed invalidante, caratterizzata dal punto di vista clinico da una spiccata sofferenza lombalgica e radicolargica (sciatalgia, cruralgia), associata a disturbi sensitivi e motori all’arto inferiore, con distribuzione radicolare, su base disco genetica,
Costituisce una frequente causa di disabilità, con una incidenza epidemiologica non chiara ma significativa, considerato che rappresenta circa il 4% dei mal di schiena (Low Back Pain) di origine meccanica e che quest’ultimo affligge quasi l’80 % della popolazione dei Paesi industrializzati. L’esatta epidemiologia della patologia erniaria discale non è comunque conosciuta a causa di una discordanza sussistente in letteratura circa la clinica, la anatomia patologica e l’immaging, con meta-analisi che individuano oscillazioni notevolmente ampie della percentuale nella popolazione colpita. Secondo i dati forniti dalle linee guida della S.I.O.T. ( Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia), a cura del consiglio direttivo della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (SICV&GIS, 2014/2016), ne soffrirebbero dall’1 al 3 % della popolazione, con disturbi radicolalgici cronici (lifetime, cioè per tutta la vita).
Il sesso maschile è maggiormente predisposto.
Il disco intervertebrale più frequentemente colpito è quello L4/L5, in quanto maggiormente sollecitato dal punto di vista biomeccanico, seguono quello L5/S1, L3/L4, etc.
La lesione anatomo patologica tipica è una migrazione ( dal latino “hernia”: fuoriuscita o dislocamento) di una struttura del disco intervertebrale ( nucleo polposo) attraverso delle fissurazioni che possono determinarsi nel contesto della porzione periferica discale, chiamata anello fibroso.
Tali alterazioni discali rientrano in un fenomeno di involuzione degenerativa della colonna vertebrale e, segnatamente, del disco intervertebrale, chiamato “cascata degenerativa”, in cui, accanto al processo naturale di invecchiamento discale, si associano dei fattori predisponenti l’innesco della patologia erniaria quali: fattori ambientali, come il sovraccarico ponderale (indice di massa corporea) e funzionale ( mestieri gravosi , stress sportivo, etc.); il morfotipo rachideo ( vedi classificazione del normale allineamento sagittale della colonna di Roussoly nei 4 morfotipi) ; fattori genetici ( ad oggi non chiaramente identificati); il tabagismo ( alterazioni del microcircolo?).
CLINICA
La sintomatologia accusata dal Paziente può essere di tipo acuto, sub acuto o cronico, a seconda delle modalità ed epoca di insorgenza della patologia; di tipo prevalentemente lombalgico o sciatalgico o cruralgico a seconda delle caratteristiche morfologiche e di livello dell’ernia.
La fisio patologia della ernia discale, prevede generalmente una prima fase di pura sofferenza lombalgica con contrattura e spesso strapiombo rachideo, prodotto dallo stiramento esercitato della massa erniaria sul ligamento longitudinale posteriore. Questo fenomeno è tipico delle ernie contenute, di quelle forme cioè in cui la massa del nucleo polposo in migrazione è arginata dal suddetto legamento, che costituisce l’ultimo baluardo atto ad impedire una fuoriuscita del contenuto discale all’interno del canale spinale o del forame di coniugazione.
Nel momento in cui anche la radice nervosa dovesse risultare meccanicamente compressa, comparirebbe la sintomatologia sciatalgica (sciatalgia), ovvero una sintomatologia dolorosa irradiata all’arto inferiore ,lungo il territorio di distribuzione del nervo sciatico.
Nel caso delle ernie discali dello spazio L5/S1 la regione interessata è la superficie posteriore di coscia, gamba e plantare del piede comprendente 4° e 5° dito. Nelle ernie del disco L4/L5 (postero-laterali) il dolore è irradiato alla superficie postero-laterale di coscia, gamba e superficie dorsale del piede con interessamento dell’alluce.
Le ernie discali degli spazi più prossimali ( L3/L4, L2/L3) provocano una sintomatologia dolorosa cruralgica (cruralgia) che, dalla regione inguino-crurale si irradia alla superficie anteriore della coscia fino al ginocchio.Tali forme cliniche possono porre dei problemi di diagnosi differenziale con altre patologie, prima fra tutte la artrosi dell’anca (coxartrosi).
Anche la posizione topografica, medio-laterale, dell’ernia è importante per una corretta diagnosi di livello, ad es. le ernie foraminali L4/L5 (quindi laterali o molto laterali-far lateral) comprimono prevalentemente la radice L4, alla sua emergenza dal forame di coniugazione 4/5, provocando per lo più cruralgia, mentre come già detto in precedenza le ernie postero laterali – classiche – L4/L5 comprimono la radice L5 (radice in attraversamento che emerge dal forame sottostante 5/1) producendo sciatalgia. Le ernie foraminali di grosse dimenzioni possono contemporaneamente comprimere entrambe le radici generando una sintomatologia mista sciatalgico- cruralgica.)
La sofferenza radicolare, prodotta dalla compressione esercitata dalla massa erniaria, viene distinta, dal punto di vista fisiopatologico, in :
- Irritativa, caratterizzata da dolore urente all’arto inferiore con riflessi osteotendinei, forza muscolare e sensibilità agli arti inferiori generalmente nei limiti della norma.
- Deficitaria, con persistenza della sintomatologia sciatalgia o cruralgica, ma con diminuzione (più o meno grave), reversibile, dei riflessi o.t., forza muscolare e sensibilità all’arto interessato.
- Paralitica, con sintomatologia dolorosa che può paradossalmente diminuire od addirittura scomparire (pseudo guarigione), ma con perdita irreversibile dei riflessi osteotendinei e diminuzione irreversibile più o meno grave di forza muscolare e sensibilità.
ANATOMIA PATOLOGICA
Dal punto di vista morfologico le ernie discali vengono distinte in:
- Contenute, dette anche protrusioni discali, con legamento longitudinale posteriore integro.
- Espulse, il legamento risulta interrotto e la ernia fuoriesce all’interno del canale vertebrale.
- Migrate, una volta espulse all’interno dal canale vertebrale, le ernie possono migrare cranialmente o caudalmente.
Dal punto di vista topografico (ovvero della sede di fuoriuscita rispetto al disco vertebrale, considerando questo come il quadrante di un orologio), vengono distinte in:
- Posteriori mediane (ore 6 del quadrante)
- Postero laterali ( ore 7/5, *)
- Intraforaminali( ore 8/4 )
- Extra foraminali ( far lateral secondo gli autori Anglosassoni,ore 9/3 )
*le ernie posterolaterali sono le più frequenti poichè in tale sede il legamento longitudinale posteriore è più sottile e vulnerabile, offrendo minore resistenza alla migrazione. Costituiscono circa l’80% delle ernie totali.
Va sottolineato come formazioni erniarie discali possano estrinsecarsi dal punto di vista topografico anche in regione anteriore del quadrante, ma, dal momento che non entrano in conflitto con strutture nervose (sacco durale e radici) non producono alcuna sintomatologia.
Nei quadranti posteriori viceversa entrano sempre in conflitto con le strutture nervose nobili producendo i disturbi di cui sopra
DIAGNOSTICA STRUMENTALE
La Risonanza Magnetica (RM) rappresenta il gold standard nella diagnostica per immagini delle ernie discali. Ha il grande vantaggio di non erogare radiazioni ionizzanti , sempre pericolose per il Paziente, e di visualizzare al meglio le strutture molli rachidee, quale le ernie, i dischi, i legamenti, le strutture nervose, eventuali tumori, etc.
Puo essere utile eseguire l’esame Rm con mezzo di contrasto nei casi di Pazienti già sottoposti ad intervento, nelle recidive di ernia discale e nelle sospette infezioni.
La Tomografia o TC rappresenta una valida alternativa alla RM nei casi in cui non sia possibile eseguire quest’ultima a causa di controindicazioni ( pace maker, impianti metallici, etc.).
L’esame radiografico standard del rachide lombo sacrale, pur non consentendo di formulare una diagnosi di ernia discale, rappresenta un utile complemento per una valutazione globale.
Indagini elettrofisiologiche come la elettromiografia ed elettroneurografia possono risultare utili in casi selezionati, laddove esistano specifici quesiti diagnostici.
TERAPIA
Bisogna partire dal presupposto che oltre il 90% delle patologie erniarie guariscono spontaneamente , grazie ai sistemi difensivi cui ci ha dotato madre natura. Attraverso i processi di disgregazione macrofagica, che lentamente ma progressivamente “erodono” la massa erniata, si riducono volume e pressione, con decompressione delle strutture algogene come il sacco durale , la radice nervosa ed il legamento longitudinale posteriore e conseguente guarigione naturale.
Tutto dipende dalla tempistica di una guarigione spontanea, che può impiegare innumerevoli mesi, e dalla entità della sintomatologia lamentata dal Paziente, che potrebbe non beneficiare delle comuni terapie mediche impostate.
Ecco allora i principi basilari di terapia generale, con valore prospettico:
Secondo le linee guida nazionali ed internazionali relative alla terapia dell’ernia discale, il trattamento della ernia discale con radicolopatia può essere sia conservativo che chirurgico.
IL PRIMO TRATTAMENTO DA EFFETTUARE E’ SEMPRE QUELLO CONSERVATIVO.
Unica eccezione: La sindrome della cauda equina, prodotta da una ernia discale di grosse dimenzioni, con massiva compressione delle radici della cauda, dolore bilaterale agli arti inferiori, perdita di sensibilità, ritenzione urinaria, turbe sfinteriche etc., che rappresenta sempre una emergenza chirurgica.
Trattamento conservativo.
La cura è di tipo sintomatico con riposo a letto ed uso di farmaci anti infiammatori –antidolorifici ( Fans , Paracetamolo) decontratturanti, cortisonici (non per lunghi periodi),gastroprotettori.
Utile può essere l’impiego di corsetti protettivi (Busto con stecche).
Importante il trattamento fisioterapico riabilitativo strumentale e manuale associato ad idroterapia in piscina riabilitativa (vedi capitolo dedicato alla terapia riabilitativa).
Trattamento chirurgico percutaneo.
La chirurgia percutanea dell’ernia discale è una procedura mini invasiva che non prevede la dissezione aperta dei piani tissutali (tegumenti e piani muscolofasciali).
Si effettua introducendo sotto controllo radiologico ( Arco a C, T.C.), aghi , ago elettrodi, sonde laser,devices vari, allo scopo di ridurre la infiammazione radicolare (introduzione di steroidi), o decomprimere il disco (nucleo lisi chimica, fisica, meccanica), riparare l’anulus (anuloplastiche), etc,
Nella nostra esperienza, abbiamo ottenuto ottimi risultati con l’impiego di sistemi di decompressione discale sia fisica mediante l’utilizzo di una sonda Laser (Discolux), che meccanica, mediante l’utilizzo di un sistema di estrazione “a trivella” del nucleo polposo (sistema DEKO). Molto efficace è risultato inoltre l’abbinamento, coadiuvante, in alcuni casi, di una Ozono terapia intradiscale.
La chirurgia percutanea con i sistemi di cui sopra deve essere limitata a casi clinici ben selezionati, pena il fallimento della procedura, secondo dei rigorosi criteri inclusivi, consistenti in:
- Ernia discale contenuta, con degenerazione discale non avanzata.
- Sintomatologia dolorosa, in cui sia fallita la terapia farmacologica e fisioterapica, datante da più di 6 settimane.
- Fallimento (a giudizio unanime di Medico e Paziente) di trattamenti conservativi adeguatamente condotti.
Tale procedura percutanea è controindicata nei casi di ernia espulsa, di discopatia avanzata, di artrosi della colonna vertebrale con stenosi e/o instabilità, di tumore, di frattura, di infezione, di elevato indice di massa corporea, di età superiore ai 50 anni, etc.
L’intervento richiede la ospedalizzazione di uno due giorni e riposo per circa 4 settimane.
I risultati clinici ottenuti sono eccellenti sotto l’aspetto della regressione del dolore e della ripresa funzionale, con un significativo gradiente di soddisfazione espresso dai Pazienti operati. ( circa 70 casi per anno).
La terapia fisico riabilitativa è essenziale in questi Pazienti, allo scopo di garantire una più precoce ripresa funzionale globale (sociale, lavorativa, sportiva, etc.)ed a tale scopo vengono applicati, nei nostri centri, dei protocolli riabilitativi personalizzati.
Trattamento chirurgico open.
Rappresenta il trattamento di elezione nelle ernie del disco espulse o migrate in cui la sintomatologia persista da oltre 6 settimane, con dolore persistente non rispondente alle terapie analgesiche.
Dovrà sempre sussistere una congruità fra la sintomatologia lamentata dal Paziente, l’obiettività clinica e la diagnostica strumentale (imaging, elettromiografia).
Può essere giustificato un intervento in tempi più rapidi nel caso di forme iperalgiche, resistenti alle terapie antidolorifiche e nei casi di deficit motori ingravescenti.
La sindrome della cauda equina, come già riferito, costituisce invece un caso di vera e propria emergenza ed urgenza chirurgica.
La tecnica operatoria prevede una visione diretta del campo chirurgico o l’utilizzo di sistemi di amplificazione della immagine come occhiali ingranditori o microscopio.
La degenza ospedaliera è di circa 3 giorni , la ripresa funzionale va da uno a due mesi postoperatori.
Indicazione assoluta al trattamento fisioterapico riabilitativo da iniziarsi precocemente in seconda terza giornata postoperatoria.
Dedichiamo a questi Pazienti un protocollo riabilitativo specifico, strumentale ed in idroterapia, con cerotti impermeabili per proteggere la ferita operatoria.